Trascrivere nero su bianco i propri pensieri, intraprendere una scrittura autobiografica mostrando le proprie emozioni, richiede coraggio. Il foglio bianco è specchio di chi lo sceglie, lo stende davanti a sé e lo accarezza, quasi a volerlo rendere ancora più liscio. Uno sguardo e poi, con complice intesa dello spazio bianco, la stesura prende vita. Attraverso l'esistenza si matura, si cresce, si cambiano abitudini, anche di pensiero. Il momento in cui si percepisce il "click" che apre al cambiamento, è il momento in cui si prende la penna e le si affida il delicato compito di affiancare ogni singolo tassello del proprio grande mosaico. "Come una collana" mi ha fatto pensare a questo.
Di scrittura diaristica ne ho sempre sentito parlare, ma non l'avevo ancora affrontata e conosciuta da vicino. Credo che il diario sia presente nell'infanzia della maggior parte delle persone. Il mio, lo ricordo ancora: formato quadernone, pagine color panna raccolte in una copertina rosa confetto, di un materiale setoso, nell'angolo in basso a destra c'era la figura di una bambina con lo sguardo rivolto all'insù. Ero affezzionata soprattutto al lucchetto a forma di cuore, mi trasmetteva un senso di sicurezza, come se i miei pensieri potessero per sempre rimanere al sicuro. Ho scritto per qualche tempo, poi l'ho abbandonato e oggi, a distanza di molti anni, mi avvicino ai diari con un altro approccio. L'ho fatto per il diario di Palma Bucarelli, direttrice della Galleria Nazionale d'arte Moderna di Roma, che si chiede"Perché io ho scritto un diario, il mio diario? Forse per il bisogno inconscio di comunicare, di far sapere agli altri i miei pensieri, sentimenti, necessità, desideri..."
La margherita è il fiore simbolo del “mi ama” o “non mi ama”. A chi è capitato di trovarsi a sfogliare la corolla bianca, sperando che l’ultimo strappo fosse positivo? Personalmente è capitato per gioco, e nell'adolescenza ho il ricordo di una cosa simile con le linguette delle lattine. Quando ci si trovava ad aprire una lattina, si girava avanti e dietro la linguetta di metallo contando le lettere dell’alfabeto e la lettera che decretava lo “stacco”, era l’iniziale del nome della persona che in quel momento si trovava a pensare a te. Piccoli giochi, quasi piccoli riti che rivestono un ruolo magico. E forse sono il segno che si ha bisogno di un pizzico di… come si potrebbe definire…? Di magia? La magia ha del meraviglioso, ha un sapore unico che appartiene a qualcosa di inatteso che vivacizza un attimo. L’uomo è razionale, ha bisogno di logica, di “senso”, eppure ha anche bisogno di parentesi altre, dove non dico che la realtà scompare, ma viene animata da un po’ di irrazionalità che fa viaggiare con i pensieri, che fa sognare a occhi aperti; per qualche attimo rapisce dal momento presente e accompagna ad aprire porte che conducono altrove. Quell’altrove è
Scrivere è scegliere un argomento, selezionare le parole giuste, meditare meticolosamente sull'inserimento delle stesse tra i tanti segni convenzionali che passano sotto il termine "punteggiatura". Decidere di dare forma concreta a un pensiero attraverso i segni della scrittura è una maniera di esprimersi, che lo si faccia attraverso inchiostro -di penna o di stampante- o che lo si faccia a video -digitando su computer o cellulare-. C'è chi preferisce esprimersi sì a parole, ma non scritte, solo verbali. Quante volte capita di sentire: "Se dovessi scrivere non terminerei nemmeno un rigo, ma se dovessi parlare, allora potrei continuare anche per due ora di fila". Ognuno ha il proprio metodo, perché esprimersi è pur sempre una questione di metodo, no?
Un giorno, mentre raccoglievo le ciliegie e guardavo le perfette palline rosse che facevano capolino tra una fogliolina verde e un'altra, mi accorgevo che nel cogliere un frutto e averlo riposto, mi spostavo di qualche impercettibile centimetro e non appena rivolgevo lo sguardo all'insù, alla vista mi comparivano altre palline rosse. Un cambio di punto di osservazione, direte. Sì, e aggiungo un cambio di prospettiva, volendo utilizzare un linguaggio che sa di "geometrico". Cambio la prospettiva, trovo nuove ciliegie. Cambio la prospettiva, incontro un nuovo ordine di parole. Questo accade quando si scrive. Spostare una parola, scambiarla con un'altra, intersercare sinonimi, regala una prospettiva nuova di forma, di significato, tranne i casi in cui vi sia uno stravolgimento dei termini. La prospettiva è essenziale per capire se davanti ho una lettura armoniosa oppure un po' complessa. Legittime entrambe, il giudizio qui non è chiamato. Scrivere. mi chiedo, non è solo una questione di parole, punteggiatura, è molto di più... Nasconde forse una geometria delle parole? Sì.
Un luogo può avere diversi ritratti, non ce ne sono di più belli o più riusciti. Ognuno si mostra richiamo per non smarrirne la voce, per lasciarsi cullare dalle sensazioni provate, per ritrovare colori e profumi di scatti che sono impressi nella pellicola del cuore. Una pellicola particolare, dove si fissa la memoria di esperienze e ricordi che non appaiono nitidi, lo diventano con il tempo: più passa e più l’immagine da sfuocata prende chiara manifestazione. Questa è l’orma incontrata tra le pagine di Titti Follieri e il viaggio di Sara, protagonista “provinciale cosmopolita” (prendendo i due aggettivi in prestito dal titolo). In apertura la testimonianza tutta femminile segna lo spartiacque tra la giovinezza e il percorso di maturità che fa fiorire una ragazza in donna dai petali di autocritica e coraggio, pronta a trovarsi a tu per tu con i sentimenti.
Vi è mai capitato di confrontarvi con qualcosa che vi incuriosisce però non ne avete fatto un'esperienza diretta? A me capita con ciò che si definisce "fantasia" e con le produzioni appartenenti al genere fantasy o fantastico. Spesso si incontrano film e libri che raccontano mondi nati dall'immaginazione dell'autore e con la lettura diventano reali e paralleli. Ricordo "La storia infinita", avevo forse 9 o 10 anni: mi aveva attirato la copertina. Uno sfondo verde, due decorazioni bianche laterali che impreziosivano quello che sembrava essere uno specchio ovale e che, a sua volta, era adornato con due sagome di serpenti che si intrecciavano. Il mio occhio aveva subito curiosato nel viale rappresentato al centro dell'ovale che conduceva, tra rigogliosi alberi verdi immersi in una luce rosata, a una piramide luminosa, bianca. Nel film, indimenticabile è la scena in cui Bastian si trova a leggere la storia, nel suo mondo concreto, tangibile per poi, riga dopo riga, essere rapito da quel mondo racchiuso nel ritratto della copertina del libro. Pensando a Fantàsia, pensando a Michael Ende e alla sua capacità di creare, viaggiare e far viaggiare il lettore in una trama spazio-temporale immaginaria e coinvolgente, ho voluto provare a fare esperienza di una scrittura che potrebbe essere di fantasia, o se non lo è, è una scrittura di una dimensione intangibile. Un luogo che non esiste, oppure sì... Dipende dai punti di vista.
C’è una città che conosco. Non ha nome, quindi non saprei dare alcun indizio. Un’indicazione geografica? Non c’è, è ovunque e in nessun posto.
Dietro alla scelta di stare a tu per tu con penna e foglio bianco o, per essere contemporanei, con tastiera e documento da nominare, ci possono essere diverse motivazioni. Non è possibile elencarle, la lista risulterebbe incompleta. Sì, incompleta. Ogni autore segue il proprio sentire, la propria idea, la propria intuizione e sa il "perché", o forse lo scoprirà. Si avverte una sorta di attrazione verso la quale si prova fiducia e si inizia a scrivere, un pezzo alla volta. E ci si trova immersi in una sorta di dietro le quinte dove in alcuni momenti sembra che si fermi tutto, che rimanga in stallo per poi, inaspettatamente, risentire quella forza che torna a farsi viva e procedere ancora di riga in riga, di pagina in pagina. Fino ad arrivare al punto finale. Quando la stesura è terminata, personalmente provo serenità. Perché scrivere, e questo è ciò che penso, è anche una scommessa. Saranno solo parole che rimarranno nascoste tra scaffali e cassetti di casa, oppure varcheranno la porta per mostrarsi al pubblico e incontreranno nuovi occhi e punti di vista? La scommessa non ha vinti e vincitori, ma ha pensieri ed emozioni che daranno vita a una narrazione rivolta ai lettori o pensieri ed emozioni che rimarranno solo per chi li ha scritti. E in entrambe le situazioni, c'è bellezza e c'è racconto. Rileggere ciò che si scrive è un momento che mi piace definire "catartico" : dopo aver lasciato che una parte di me prenda nuova forma nella narrazione, mi rispecchierò ancora in essa e la riconoscerò? Piacerà oppure incontrerà indifferrenza? Non importa. Nel romanzo di Betty Smith, Un albero cresce a Brooklyn, si legge: "quando accadrà qualcosa, raccontala esattamente come è successa; ma scrivi per te sola cosa ritieni che sarebbe dovuto accadere". Scrivere è una piacevole scommessa con se stessi. E così è stato per il mio racconto "Il grembiule mai indossato" nella raccolta "Racconti dal Trentino Alto Adige" edita da Historica Edizioni (a cui va il mio ringraziamento per aver scelto il mio scritto).
Le suole. Tutte odorano di asfalto e ad ogni passo si consumano un po'. Ci sono le suole degli abitudinari, che percorrono sempre la stessa strada; si sentono sicuri lungo la via nota perché di essa conoscono tutto: le buche, le curve, gli avvallamenti, non corrono il rischio di provare nuovi percorsi. Va bene così. I loro passi segnano linee perfette, precise, senza alcuna sbavatura.
Diverse sono le suole degli esploratori. Innamorati della strada nuova, procedono con passi carichi di curiosità e voglia di conoscere. Anche se la meta non è definita, anche se il percorso non è stato ancora tracciato, procedono svelti verso il nuovo. Fa niente se incontrano del ghiaino che renderà le suole ruvide, un po’ di ruvidità su una suola nuova non nuoce mai; non importa se le bagneranno nelle pozze d'acqua di una pioggia frettolosa, perché, passo dopo passo, si asciugheranno. Se la nuova strada non li conduce in alcun posto e se devono tornare sui loro passi, non provano timore: hanno almeno la certezza che quella strada non fa per loro. Queste suole raccontano una metamorfosi continua fatta di crocevia,strisce irregolari e schizzi neri, e la solidità di sassolini appiccicati è testimone di repentini cambi di direzione.
Un fascino particolare appartiene alle suole molto vecchie. I buchi accentuati, le crepe ormai definite, le scollature, sono frutto del calpestio di lunghe esistenze che, tra le altre cose, hanno certo conosciuto l’allegria, la fiducia, hanno incontrato ostacoli, hanno rallentato il loro incedere. I loro passi saranno stati a volte indecisi, e puoi nuovamente sicuri.
Dov'è il fascino?
Sollevandole verso l'alto, tra i segni lasciati dal tempo e dai passi, sono suole che regalanola meraviglia di ammirare la bellezza del cielo.
Accade che le persone si descrivano come persone con “le lacrime in tasca”. Basta una parola o un gesto e si sentono "colpite al cuore", ovvero il luogo in cui ha origine l’essenza della goccia salata che si manifesta in volto. -Plin- scende la lacrima.
Mi chiedo: è possibile richiudere i preziosi corsi d’acqua in una tasca?
Quando pronuncio la frase"avere le lacrime in tasca", ho la percezione di qualcosa che stride e non sia in armonia; la trovo una bizzarra espressione per una magia che, invece, porta con sé calore.Le lacrime emergono dagli occhi, gli occhi sono effettivamente una sorta di tasca appartenente a un corpo, il cui ritmo è dettato dal cuore che emette pulsazioni le quali, a loro volta, sono specchio di sentimenti puri che si manifestano nella lacrima.
È un dono far fluire l’emozione nel suo stato liquido in un tempo brevissimo come l’attimo in cui la capocchia strofinata di un cerino prende fuoco?
Mi trovo spesso a pensare che musicista e scrittore siano molto simili. Le note, come le parole, possono essere singoli segni grafici su di un campo bianco e se lasciati a se stessi, forse non hanno alcun significato, ma se uniti in una determinata maniera, possono creare qualcosa di piacevole, e nella loro sequenza e unità dare vita a un inedito che, nell'attimo in cui diventa edito, lascia fluire nuova conoscenza in chiunque faccia il loro incontro.
" ⌈...⌉Infilai il libro di esercizi nella borsa a tracolla e raggiunsi Lizzie in giardino. 'Posso mettere una cosa nel baule prima di tornare a scuola?' Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che l'avevo fatto, eppure a Lizzie ci volle un attimo per capire. 'Mi sono chiesta tante volte se avresti trovato qualcos'altro da metterci dentro' ⌈...⌉" da Il quaderno delle parole perdute, Pip Williams.
La parola "arte", CHE BELLEZZA. Tempo fa ho scritto della biografia di Marc Chagall, e ora che siamo vicini alla fine di quest'anno, voglio ricordare un'esperienza che ha abbellito il mio 2021.
A ottobre, in uno storico palazzo di un paese del Trentino, dove affreschi rendono perpetuo il ricordo della quotidianità di un tempo, ho ammirato opere, ho incontrato una particolare tecnica e ho ascoltato pensieri: si trattava di una mostra che aveva come protagonista l'incisione. Mentre mi muovevo fisicamente tra i pannelli, nella mia mente si delineava un percorso parallelo, lungo il quale ai pannelli si sostituivano domande: «Come comprendere l'incisione?», «Come si esegue una stampa?» «Quante e quali sono le tecniche?». Mi avvicinavo così alle singole opere per vederle meglio, nell'intento di coglierne le caratteristiche, di instaurare una relazione con loro, per poi ascoltare la voce di artisti, giunta in risposta. Le parole dal timbro gentile, vogliose di trasmettere arte e messaggi di virtù, mi hanno avvicinato al vocabolario dell'incisione, alle "sue" parole: acqua forte, acqua tinta, punta secca, lastra, matrice, calcografia...; è un linguaggio che richiede voglia di ascoltarlo, di comprenderlo, proprio come accade per ogni espressione altra rispetto al linguaggio convenzionale. Nasce dall'abilità di mani che permettono alla matrice di accogliere nuova bellezza, rappresentando nuovi significati per poi affidarsi al procedimento della stampa, che segna il momento di presentarsi alla collettività. L'incontro con l'incisione è stato un sostare dinnanzi alle stampe, ascoltare l'artista che delicatamente si avvicina per introdurmi nel suo mondo e proseguire assieme in un viaggio in cui comprendo che stampe dalla tecnica simile, sono uniche per il messaggio che mostrano, e sono tutte il risultato di un lavoro costante.
⦗...⦘ Alcune erbe spontanee, in sé e per sé, non hanno affatto un’aria malefica o insidiosa ⦗...⦘ Palomar, "Il prato infinito", Italo Calvino
Il taglio del prato può da semplice azione rivelarsi momento di riflessione? La mia risposta è: sì. Il taglio del prato mi è sempre parso monotono e un dovere perché se hai il prato, deve essere perfetto, ordinato, curato etc... Dopo la lettura delle pagine di Italo Calvino, "Il prato infinito", ho modificato il mio punto di vista.
Narni. Antico borgo dell’Umbria, cuore di una natura verde che diviene un tutt’uno con l’anima di chi attraversa le sue vie; luogo che da 14 anni ospita “Alchimie e Linguaggi di Donne”, il festival che richiama filosofia, cultura, scrittura. Saperi provenienti da tutta Italia si ritrovano in questo piccolo borgo per poi fare ritorno ai propri luoghi, lasciando dietro di sé nuovi pensieri. È come aprire un libro e scoprire sin dalle prime pagine che la stesura non è ultimata, è ancora in evoluzione tra capitoli definiti da linguaggi, stili, pensieri che abbracciano e rivolgono una particolare attenzione al linguaggio delle donne.
La bicicletta è rossa, fiammante come l’energia che pulsa nelle vene e cresce a ogni pedalata. Siamo uragani, la forza centripeta soffia in corpo e anche oggi siamo fieri in sella alla nostra bicicletta. Siamo tutto un movimento. Lungo la strada, dalla solitudine di un casolare, spunta una vecchina. «Buongiorno». «Buongiorno». Diamo un’occhiata al suo passo che ci appare lento, sa di antico; proseguiamo e le rivolgiamo un ultimo sguardo, lasciandola alle nostre spalle. Potevamo accennare un semplice saluto con il capo, invece le abbiamo regalato tre sillabe piene di vita: BUON-GIOR-NO.
VORREI RACCONTARE DI DUE TARTARUGHE
Due tartarughe camminavano lungo un sentiero, una davanti e l'altra dietro. A un certo punto la tartaruga che procedeva per prima chiese alla compagna che la seguiva: “Mi vedi?”. “Sì, certo.Vedo la tua grande casetta” rispose quella dietro. “Ti ho chiesto se mi vedi” ripeté la tartaruga davanti. “Sì, certo. Vedo la tua grande casetta” ripeté la tartaruga che era dietro, questa volta alzando un poco la voce. Proseguirono il cammino.
Tra le mani una foto scattata anni fa. Mi chiedo chi sia il più tenace: il mare, che con la sua quiete tiene a bada l'energia delle profondità, pronte a manifestarsi, oppure il faro che slanciato e vigile resta in costante ascolto, saldo anche tra le burrasche. Gli occhi fissano il faro e scrivo
TENACIA Vai avanti, tieni il timone tra le mani. Non stringere con troppa forza, non è così che si oltrepassano le tensioni. Il mare è sempre più irrequieto, non distrarti. Naviga le onde, segui il loro movimento, preparati a fronteggiare venti di tempesta. Non perdere la rotta, affronta il mare. Il faro aspetta all'orizzonte. ©️ormediscrittura - F.G.
L'ho incontrato in un sabato di ottobre. Attorno a me, un bosco fitto, vivo nello scorrere di un piccolo corso d'acqua. Lì, in mezzo al sentiero di terra e sassi, incontro questo fiore che racchiude delicatezza e forza. È un re circondato dalla sua corte; vestito da un'impeccabile veste gialla, tanto semplice quanto perfetta; come ogni re che si rispetti è scortato da fedeli consiglieri. Li distinguo per il loro acceso colore verde; parlottano tra loro, forse lo mettono in guardia sulla mia presenza. Temono che possa strapparlo al loro regno? Il giallo re certamente sta ascoltando, si fida di loro, ma si fida anche del suo sentire. Non teme alcuna presa, sa che non ci sarà nessuno strappo; è perfettamente piantato a terra, stabile e sicuro. I consiglieri mi guardano:"È forte il nostro re!". Ho proseguito il mio cammino, i miei passi avranno portanto qualche scompiglio, ma il giallo re, forte e sicuro, ha certo apprezzato il mio cheto passaggio.