Un luogo può avere diversi ritratti, non ce ne sono di più belli o più riusciti. Ognuno si mostra richiamo per non smarrirne la voce, per lasciarsi cullare dalle sensazioni provate, per ritrovare colori e profumi di scatti che sono impressi nella pellicola del cuore. Una pellicola particolare, dove si fissa la memoria di esperienze e ricordi che non appaiono nitidi, lo diventano con il tempo: più passa e più l’immagine da sfuocata prende chiara manifestazione. Questa è l’orma incontrata tra le pagine di Titti Follieri e il viaggio di Sara, protagonista “provinciale cosmopolita” (prendendo i due aggettivi in prestito dal titolo). In apertura la testimonianza tutta femminile segna lo spartiacque tra la giovinezza e il percorso di maturità che fa fiorire una ragazza in donna dai petali di autocritica e coraggio, pronta a trovarsi a tu per tu con i sentimenti.
Dopo una gioventù che parla di collettività, principi e lotte per una società giusta ed equilibrata, Sara lascia il nido della comune fiorentina per confrontarsi con il mondo che pare diventare specchio in cui si riflettono gli sbilanciamenti della vita adulta. Può accadere a tutti e ognuno ha il proprio momento nel quale confrontarsi con la propria strada di vita. Sara non si spaventa delle esperienze, anche se a volte la illudono, la ingannano e mettono in attesa il suo cuore per poi riportarlo a battere regolarmente. Tra luoghi ed emozioni, ho incontrato un pensiero che mi appartiene: un luogo può essere una tappa e un ritratto del viaggio del proprio sé. Sara parte da Firenze, poi arriva a Parigi, New York, per poi raggiungere Montreal. Nell’itinerario, però, le città si spogliano della materialità nota e diventano spazi dove la memoria trova rifugio e attende di dissolvere la propria solidità nel fluire del vissuto. Tra sentimenti e concretezza, il viaggio è interprete di realtà che, ad esempio, a Montreal è “… una calamita invisibile … un flusso di parole…”; a New York è “… uscire dal nevaio permanente, poter camminare per la città libera dalla paura di cadere …”. Tutti momenti che mi arrivano come parafrasi delle emozioni vissute da una donna che si sente forte, che si sente tenace, per poi scoprirsi delicata e fragile come il candido fiore di mughetto. In ogni luogo albergano ricordi, nomi, voci e relazioni, ed effettivamente accade anche questo quando si ripercorre un viaggio seguendo la mappa del cuore. E chissà se il lavoro di Sara come interprete di poesie non sia un richiamo alle interpretazioni dei ricordi e dei ritratti che attendono nel cuore di diventare nitidi. Dopo questa lettura, ho rispolverato un aggettivo da avvicinare alla parola bellezza, che nei miei testi si ripete e personalmente non mi stanca: "commovente". Come commovente è l’incontro tra Sara e l’opera di Kandinskij, “La montagna azzurra”, che l’ha “… rapita in un groviglio di sensazioni e ricordi che la portano fuori dal tempo …”. E ho girato l’ultima pagina del libro pensando: cosa può esserci di meglio che uscire qualche attimo da spazio e tempo, per poi tornarvi consapevoli e continuare a viaggiare nella propria esistenza?